IL Libertino è una pièce che apparentemente ci riporta indietro nel tempo, scritta da un autore contemporaneo
con un linguaggio contemporaneo. Cercare una profonda aderenza con il contesto dell’epoca sarebbe stato, a mio avviso, togliere la non collocazione nel tempo che l’autore vuole cercare e trasmettere con le parole del testo.
Ho deciso per una regia che cerca di mettere in risalto l’attore, dandogli libertà nella ricerca del personaggio, in modo da permettergli di fare prima suoi, per poi riversar li totalmente nel personaggio, i pensieri, i turbamenti, le speranze, i desideri che attraverrsavano Schmitt nella ste sura del copione. Il tutto senza pensare a posizioni precise sul palco o “paletti” di sorta; odio le marionette umane..a meno che non sia uno spettacolo di burattini.
Alcuni critici hanno definito la commedia una “legge ra vaudeville stile Feydeau” la quale dice poco di più di
ciò che si ascolta; appartengo alla categoria di quelli che, invece,l’hanno recepita come un qualcosa di più profondo. Discutendone con gli attori abbiamo trovato, ogni volta, tante chiavi interpretative, tanti risvolti emotivi che po tevano guidare l’interpretazione in più direzioni. È stato un viaggio fantastico che non credo ancora concluso.
L’evoluzione dei due protagonisti è, agli occhi di chi si lascerà guidare dall’emozione, tanto semplice quanto efficace; magicamente ci rendiamo conto che, almeno una volta nella vita , siamo stati solo ed esclusivamente veri, puri. Ciò che affiora dalla nostra parte più autentica è la sensazione del ricordo di quel momento. Guidati dai loro turbamenti riscopriamo un modo di essere umani dimenticato..e ci rendiamo conto di navigare nella nostra essenza. Sul palco possono esserci solo gli attori, un cavalletto per dipingere, una dormeuse. La forza de “Il Libertino” sta tutta nelle maree emotive dei personaggi. È dolce navigare in questo mare.



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